La chirurgia dei trapianti, tra legge ed etica

La chirurgia dei trapianti suscita da sempre delicate questioni etiche, ma molte riserve di natura filosofica e morale hanno ormai ceduto il passo alle sue esigenze.

Anche le principali confessioni religiose sono favorevoli alla donazione e al trapianto.

Ma restano i dubbi di chi agita lo spettro di un approccio omissivo di cure al traumatizzato da parte della autorità sanitarie dettato da un interesse all’ottenimento degli organi.

Dal punto di vista legale, il momento della morte coincide con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni encefaliche, e non già con l’arresto cardio-circolatorio.

Questa è la posizione ufficiale della comunità internazionale.

Anche per l’ordinamento italiano (L. 578/1993 e D.M. 582/1994) l’ arresto cardiaco non ha i caratteri dell’irreversibilità, per cui soltanto il rilievo della cessazione delle funzioni celebrali costituiscone il metodo corretto per definire la morte.

Si stabiliscono quindi criteri per il suo accertamento, validi per per donatori e non, ed un periodo di osservazione della durata non inferiore alle 6 ore; si prevede che l’equipe medica incaricata di accertarla non possa essere la stessa che si occupa del prelievo e del trapianto.

Ma non si tratta di criteri universalmente accettati.

La normativa internazionale sul commercio illegale di organi.

Pur i mancanza di studi e statistiche sufficientemente precise sul trapianti di organi e di tessuti la lotta alla commercializzazione e al traffico illegale di organi è stata oggetto di una reiterata ed attenta regolamentazione da parte di convenzioni internazionali.

In questo contesto, infatti, gli orizzonti della criminalità organizzata si allargano fino a superare i confini nazionali.

Per prevenire e colpire questo fenomeno, dunque, occorre una concreta ed efficace collaborazione tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie dei vari Paesi all’interno di un quando normativo omogeneo che faciliti lo scambio di informazioni.

Non solo il traffico criminale, ma anche lo sfruttamento commerciale degli organi è internazionalmente vietato.

Oltre al rifiuto di equiparare il corpo umano ad una merce, i rischi insiti nel commercio degli organi sono infatti evidenti, da quello di una allocazione iniqua degli organi in base al censo, più che ad una reale urgenza medica, a quello di abusi in danno della popolazione più povera e vulnerabile del pianeta.

La Carta di Nizza, all’art. 3 recita “ogni individuo ha diritto alla propria integrita fisica e psichica: nell’ambito della medicina e della biologia devono essere rispettati (…..) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di reddito

La Convenzione del Consiglio di Europa sui diritti dell’uomo e della medicina, firmata a Orvieto il 4 aprile 1997 ed entrata in vigore il 1° dicembre 1999, nonchè il Protocollo addizionale del 24 gennaio 2001, esplicitano ulteriormente il suddetto divieto nelle regole che vietano sia l’esportazione degli organi e di tessunti verso Stati che ne fanno libero commercio (art. 19, comma 2) sia l’importazione da Stati in cui sono permessi il prelievo e la vendita di organi provenienti da cadaveri di cittadini condannati a morte (art. 19, comma 4) e nelle regole che sanzionano penalmente il commercio di organi e lo scopo di lucro nelle attività legate alla medicina dei trapianti.

La dichiarazione di Instabul del 2 maggio 2008 ribadisce il divieto di pratiche non etiche,  distinguendo tra la tratta di organi (organ trafficking),  la commercializzazione del trapianto (transplant commercialism) .

La tratta di organi è il reclutamento ed il trasporto di “persone viventi o i loro organi attraverso minacce o l’uso della forza o di altre forme di coecizione, di rapimento, di frode o di inganno, oppure attraverso l’abuso di potere o approfittando di una posizione di vulnerabilità, o ancora attraversola donazione o il ricevimento di denaro o di benefici da parte di terzi per ottenere il controllo del potenziale donatore, il tutto volto allo sfruttamento del prelievo di organi da trasportare

La commercializzazione del trapianto è definita “una politica o una pratica in cui un organo viene trattato come un prodotto. fatto che comporta essere comprato, venduto o usato per un guadagno materiale”.

La dichiarazione di Instanbul vieta anche il movimento oltre frontiera a scopo di trapianto  (travel for transplantation), ovvero il turismo a scopo di trapianto (transplant tourism).

Last but not least, il protocollo addizionale della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, firmata a Palermo il 15 dicembre 2000, ha incluso il prelievo di organi umani nella definizione di sfruttamento che caratterizza la tratta degli esseri umani (traffinckin in person).

La Legislazione italiana.

Il codice civile italiano del 1942 prevede il divieto di “atti di disposizione del proprio corpo…quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica” (art. 5 c.c.).

Il divieto è derogabile nei casi previsti dalla legge.

I trapianti, messi nel frattempo a punto dalla scienza medica, sono stati consentititi salvaguardando gratuità dell’atto di disposizione.

La legge n. 458/1967 e s.m.i. sul trapianto di rene da donatore vivente prevede, in particolare che il trapianto non dà luogo a compensi né diretti né indiretti, né a benefici di altro genere e punisce con la reclusione, con multa e con l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione chiunque procura per scopo di lucro un organo o un tessuto o ne fa commercio.

La legge sui trapianti n. 91 del 1° aprile 1999 ha poi previsto la regola del silenzio assenso sulla donazione, attribuendo al soggetto che sia stato informato in vita soltanto il diritto di esprimere la propria volontà contraria al prelievo degli organi (“silenzio-assenso”)

L’espiento non autorizzato ed il commercio di organo sono penalmenti rilevanti e puniti con una pena della reclusione da due a cinque anni.

Infine, la l. 228 dell’11 agosto 2003 “misure urgenti contro la tratta delle persone”  prevede l’aumento della pena da un terzo alla metà se la riduzione o il mantenimento in schiavitù o in servitù sono esercitati al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.

BIBLIOGRAFIA: Picozzi, Il trapianto di organi. Realtà clinica e questioni etico-deontologiche, Angeli 2000; Bertani, Ladri di organi. Il traffico clandestino degli organi per i trapianti nel mondo, Golena 2008: AA.VV., Trapianti e traffico di organi nella società globale. Fondazione Bruno Kessler 2017: Porciani, Traffico d’organi. Nuovi cannibali, vecchie miserie. Angeli, 2012

Pubblicato da Giovanni Anania

Avvocato in Torino

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