La Corte di Cassazione, 4° Sez. Pen., con la sentenza del 4 agosto 2014 n. 34239 ha stabilito che “in caso di successione di medici di differenti reparti ospedalieri nella posizione di garanzia verso il paziente, se da un lato il principio di affidamento implica che colui il quale si affida non possa essere automaticamente ritenuto responsabile delle autonome condotte del soggetto cui si è affidato, dall’altro il medesimo principio comporta anche che, qualora l’affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante, la condotta colposa dell’affidato non vale di per sé ad escludere la responsabilità dell’affidante medesimo“
Nel caso di specie, si è ravvisata la colpa del medico che aveva omesso di richiedere espressamente al paziente, nonostante il silenzio della cartella clinica, la sussistenza di allergie ad una specifico farmaco che egli intendeva somministrargli.
In dottrina, cfr. la classica opera di Benci, La prescrizione e la somministrazione dei farmaci. Responsabilità giuridica e deontologica,, McGraw-Hill Education, 2007.
Scusate ma non mi è chiara la frase “nonostante il silenzio della cartella clinica” nel contesto dela massima. Si può sapere qualcosa in più?
L’affezione allergica non era stata segnalata dai medici di pronto soccorso che avevano fatto l’anamnesi trascritta nella cartella clinica. Si legge nella sentenza che la difesa del ricorrente sosteneva che ciò “ben poteva generare un affidamento incolpevole nel medico che successivamente aveva preso in carico il paziente”. La S.C., confermando, sul punto la decisione del giudice d’appello, ha ritenuto, tuttavia, che ad ogni cambio di reparto si deve ripetere l’acquisizione delle informazioni, anche perchè le stesse possono essere incomplete.
La pronuncia si pone in linea con quello che è l’orientamento dominante della nostra giurisprudenza, la quale ha ripetutamente affermato che ogni sanitario è responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attività degli altri componenti dell'”èquipe” in modo da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, purché siano evidenti per un professionista medio (cfr. ex multis Cass. Pen., Sez. IV, n. 33619/06).
Infatti, in tema di colpa professionale, nel caso di “equipes” chirurgiche e, più in generale, in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio.