Prescrizione medica e dovere di vigilanza dell’infermiere

La Corte di Cassazione, (Cass. Pen., Sez. IV, 16 gennaio 2015 n. 2192) ha ribadito il principio secondo il quale “L’infermiere non può attendere alla somministrazione dei farmaci in modo meccanicistico (ossia misurato sul piano di un elementare adempimento di compiti meramente esecutivi) occorrendo viceversa intenderne l’assolvimento secondo modalità coerenti a una forma di collaborazione con il personale medico orientata in termini critici, e tanto non già al fine di sindacare l’operato del medico (segnatamente sotto il profilo dell’efficacia terapeutica dei farmaci prescritti), bensì allo scopo di richiamarne l’attenzione sugli errori percepiti o comunque percepibili, ovvero al fine di condividerne gli eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia stabilita rispetto all’ipotesi soggetta a esame (nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha stabilito la penale responsabilità sia del medico che ha prescritto un farmaco a cui il paziente era allergico, causandone il decesso, sia dell’infermiere – già presente al momento dell’anamnesi con il paziente, prima del ricovero, quanto questi rende note eventuali intolleranze – che lo ha materialmente somministrato)”
Non si tratta di una decisione inedita, non essendo il primo caso di responsabilità professionale dell’infermiere che trae origine da un errore medico nella prescrizione di un farmaco.
Il precedente forse più noto è la sentenza 1878/2000 della Corte di Cassazione, che si è già pronunciata in un caso simile in termini analoghi.
La giurisprudenza, dunque. ha ormai preso definitivamente atto della maturazione di questa figura professionale, da semplice esecutore di compiti predefiniti a professionista che, nell’ambito delle sue competenze, agisce in piena autonomia e responsabilità.

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