L’allontanamento volontario del paziente dai luoghi di cura nell’ambito di un trattamento sanitario non obbligatorio

Una questione che spesso si pone riguarda la legittimità dell’adozione di forme di trattenimento, nell’ambito di un trattamento sanitario non obbligatorio, di un paziente che manifesta con la fuga l’intenzione di allontanarsi dal volontario luogo di ricovero.
La Corte dei Servizi Pubblici Sanitari, emanata nel 1995 dal Ministero della Sanità, prevede che la persona capace di autodeterminarsi può liberamente decidere di allontanarsi dai luoghi di cura, fermo restando che si richiede la sua collaborazione nell’avvisare il personale di servizio nell’eventualità di un allontanamento.
Anche la Corte di Cassazione ha stabilito che “solo nei limiti in cui la necessità della terapia e la mancanza di un evidente dissenso da parte dell’incapace, che non può esprimere un valido consenso, giustificano il ricovero, che in tal caso è supposto come volontario è cogente anche l’obbligo di custodia” e legittima l’uso della forza fisica “quale brevis et modica vis imposta dalle circostanze, anche in via putativa, per un soccorso di necessità, per sottrarre l’incapace al pericolo di gravi danni e per pretendere la sottoscrizione dell’atto di formale interruzione della degenza contro la volontà del medico. Stante la natura dell’incapacità, l’uso di tale vis rientra nei doveri di custodia onde apprezzare l’urgente necessità di trasformare in obbligatorio il trattamento volontario” (Cass. Pen. Sez. V, 22 gennaio 1998 n 4407).
Come deve comportarsi invece l’infermiere nei confronti di chi, per un motivo o per l’altro, si rivolge al Pronto Soccorso?
Poiché il reato di abbandono di incapace (art. 591 c.p.) presuppone un preesistente rapporto di cura e custodia, va detto, innanzitutto, che non può essere ravvisata alcuna responsabilità in capo all’infermiere di triage nel caso in cui una persona in attesa di visita al Pronto Soccorso, soggetto dunque esterno e non degente, una volta chiamata per la visita, risulti assente.
Il paziente che si presenta al Pronto Soccorso ha sicuramente diritto di essere visitato dal medico ospedaliero, sicché, l’infermiere di triage non può rinviarlo al proprio medico curante (il c.d. triage out).
Qualora, tuttavia, il paziente sia visitato dal medico ospedaliero, e quest’ultimo non ravvisi la necessità del ricovero, disponendo che resti in sala di attesa, anziché nell’area di competenza, non può essere addebitata all’infermiere l’omissione di mezzi coercitivi per impedire allo stesso di allontanarsi dal Pronto Soccorso.