I cartellini identificativi dei dati personali dell’operatore sanitario e la legge sulla privacy

Il D.P.C.M. 19 maggio 1995 (Carta dei servizi pubblici sanitari) prevede che il personale sanitario che ha in cura il malato sia dotato di cartellini di riconoscimento con nome e qualifica.
Anche il patto infermiere-cittadino, stipulato il 12 maggio 1996, contiene l’impegno dell’infermiere a farsi riconoscere attraverso divisa e cartellino di riconoscimento.
L’esposizione al pubblico dei propri dati personali è certamente responsabilizzante per gli operatori e risponde all’esigenza di rendere più trasparente il rapporto tra questi ed i pazienti e alla finalità di umanizzazione delle cure.
D’altra parte, l’operatore sanitario, proprio perché facilmente identificabile, rischia di restare esposto ad indebite pressioni o, addirittura, di diventare destinatario di intimidazioni da parte degli assistiti o dei loro familiari.
Si tratta dunque di vedere se, ed eventualmente in quale misura, l’ esigenza di riservatezza degli operatori trova tutela nelle disposizioni di legge (oggi conglobate nel T.U. 30 giugno 2003, al n. 196) che proteggono i dati personali.
Il tema è certamente delicato, posto che si tratta di contemperare diritti contrapposti, entrambi di rango costituzionale.
Ma non sembra più dubbio che l’imposizione di esporre un cartellino identificativo, contenente nome e cognome dell’operatore sanitario, non violi il suo diritto all’anonimato.
Il Garante della privacy (Deliberazione n. 23 del 14 giugno 2007, nonché la giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Milano nella causa n. 3552 R.G. 2008), infatti, hanno già affrontato il problema dei c.d. cartellini identificativi, e le conclusioni cui sono pervenute sono sostanzialmente univoche.
In particolare, il Garante, pur affermando la necessità di rispettare i princìpi di pertinenza e non eccedenza dei dati in rapporto alle finalità perseguite, ha ritenuto che “alla luce di specifiche esigenze di personalizzazione e di umanizzazione del servizio e/o di collaborazione da parte dell’utente può risultare giustificato, in casi particolari e con riferimento a determinate categorie di dipendenti (come appunto nell’ipotesi delle prestazioni sanitarie rese in regime di ricovero ospedaliero ed in relazione al rapporto fiduciario che si instaura tra il paziente e gli operatori sanitari coinvolti) riportare nei cartellini elementi identificativi ulteriori rispetto alla qualifica, al ruolo professionale, alla fotografia o ad un codice identificativo quali, ad esempio, le loro generalità”.

Pubblicato da Giovanni Anania

Avvocato in Torino

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